L’uccisione di una persona fa presumere una conseguente sofferenza morale (e quindi danni morali) in capo ai genitori, al coniuge, ai figli ed ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero né che fossero distanti (circostanze che potranno essere valutate ai fini della quantificazione dei danni). E’ pertanto onere del convenuto danneggiante provare che vittima e superstite fossero tra foro indifferenti o in odio e che, di conseguenza, la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo. 
Ai fini della liquidazione equitativa del conseguente danno non patrimoniale, il giudice non deve tenere conto della realtà socio-economica nella quale la somma da liquidare è presumibilmente destinata a essere spesa, poiché determinerebbe una irragionevole lesione del valore della persona umana. (la Cassazione ha ritenuto quindi ininfluente – ai fini della liquidazione del danno conseguente ad un sinistro stradale con esito mortale – la residenza all’estero dei soggetti danneggiati).