La Suprema Corte, con l’ordinanza Cassazione Civile, sez. I-VI, 29 agosto 2017, n. 20525 ha condiviso l’orientamento giurisprudenziale che prevede la corresponsione dell’assegno divorzile solo in caso di mancanza di indipendenza economica.
Per i Giudici, il diritto all’assegno di divorzio, di cui all’art. 5, comma 6, della L. n. 898 del 1970, è condizionato dal suo previo riconoscimento in base ad una verifica giudiziale che si articola necessariamente in due fasi, tra loro nettamente distinte e poste in ordine progressivo dalla norma (nel senso che alla seconda può accedersi solo all’esito della prima, ove conclusasi con il riconoscimento del diritto): una prima fase, concernente l’an debeatur, informata al principio dell’autoresponsabilità economica di ciascuno dei coniugi quali persone singole ed il cui oggetto è costituito esclusivamente dall’accertamento volto al riconoscimento, o meno, del diritto all’assegno divorzile fatto valere dall’ex coniuge richiedente; una seconda fase, riguardante il quantum debeatur, improntata al principio della solidarietà economica dell’ex coniuge obbligato alla prestazione dell’assegno nei confronti dell’altro quale persona economicamente più debole (artt. 2 e 23 Cost.), che investe soltanto la determinazione dell’importo dell’assegno stesso.
Nel caso di specie, alla luce degli elementi emersi che attestano una certa solidità economica della ex moglie che vanta uno stipendio mensile come professoressa di matematica, possiede una casa di sua proprietà e una corposa disponibilità di denaro testimoniata anche da alcuni investimenti immobiliari, oltre all’incasso di una somma pari a 157 milioni di lire (prima della pronuncia relativa al divorzio), pare davvero poco plausibile l’ipotesi della necessità di un sostegno economico da parte dell’ex marito in favore della donna e di conseguenza non le spetta il richiesto assegno divorzile.